Il 19 febbraio 1937, ad Addis Abeba, alcuni patrioti Etiopi lanciarono bombe a mano contro rappresentanti delle gerarchie fasciste, tra i quali il viceré Rodolfo Graziani. Gli assalitori riuscirono ad uccidere sette uomini ed a ferirne altri quarantanove, tra cui lo stesso Graziani. Il segretario federale fascista Guido Cortese, assetato di sangue, colse l’occasione per avviare immediatamente orrende rappresaglie contro i prigionieri ed i semplici civili della capitale. Circa trentamila Etiopi innocenti persero la vita nei tre giorni successivi; tra questi erano compresi 324 ex funzionari che si erano pacificamente arresi ed erano stati invitati a presenziare alle cerimonie
Dopo un attentato alla vita di Graziani nel 19 febbraio 1937 da parte di due giovani Etiopi, gli Italiani reagirono violentemente ed indiscriminatamente in tutto il Paese, come appare dal seguente documento.
Il 19 di Febbraio, del 1937, è divenuta una data contrassegnata dalle lettere in rosso nel calendario dell’Etiopia moderna per una serie di eventi che hanno messo in risalto il prezzo della libertà; un decorso che ha messo in rilievo il beneficio del governo della legge e del suo opposto; un decorso che ha mostrato a che livello di degrado l’uomo può sprofondare, quando una nazione ha perduto il suo governo e la sua gente è lasciata in preda del dominio del conquistatore.
Il 3 ottobre 1935 le forze sataniche dell’Italia fascista iniziarono l’aggressione della terra santa d’Etiopia, la nuova Gerusalemme che procede dal Trono di Dio, con l’illusoria intenzione di uccidere il nostro Salvatore, Sua Maestà Imperiale Qadamawi Hayle Selassie, e di sterminare quel popolo che Egli si era scelto per rivelarsi e per dare inizio al Suo Governo sull’intero universo.
Notizie inconfutabili sui crimini fascisti in Etiopia si hanno già nel novembre del 1935, un mese circa dall’invasione. Le ripetute denunce etiopiche e l’energica protesta di Sua Maestà Imperiale davanti all’assemblea ginevrina, pur destando un certo stupore, per ragioni di compromesso politico, rimasero inascoltate.