Entrata Trionfale – Giorno della Vittoria


Gente del mio Paese ed in particolare miei fedeli soldati! Le labbra umane non sono in grado di esprimere la riconoscenza che provo nei confronti del Dio misericordioso che mi ha dato la possibilità di essere presente tra di voi in questo giorno, riguardo al quale né gli angeli in Cielo né la creazione sulla Terra avrebbero potuto pensare o sapere (Matteo 24,36).Prima di ogni altra cosa voglio dirvi e farvi comprendere che questo è un giorno nel quale inizia un nuovo capitolo della storia della Nuova Etiopia. In questa nuova era, sta iniziando un nuovo lavoro che è dovere di noi tutti compiere.

Se desideriamo ricordare la disgrazia che ha lacerato il nostro Paese durante gli anni passati sarà sufficiente parlare della sua storia recente. Quando l’Etiopia, che aveva preservato la propria indipendenza per molte migliaia di anni, venne attaccata nel 1896 dall’Italia, che nutriva disegni aggressivi nei suoi confronti da molto tempo con l’intenzione di distruggere la sua libertà, i suoi coraggiosi figli combatterono ad Adua ed essa salvò la propria autonomia. Il trattato di Uccellai non fu la sola causa della battaglia che si tenne ad Adua. Esso fu solo un pretesto per il costante desiderio di governare l’Etiopia che l’Italia aveva. Sebbene la Grande Guerra Europea interferì con i suoi piani per un periodo, e nonostante le sue apparenti dichiarazioni di amicizia, l’Italia rivelò negli anni recenti i preparativi bellici allestiti ai danni del nostro Paese dopo la sua sconfitta ad Adua, a causa del suo risentimento per il fatto che la giustizia avesse prevalso contro di essa.

Quando l’Italia diede inizio ad una guerra di aggressione contro l’Etiopia, sebbene sapessimo di non essere armati al suo stesso livello, combattemmo contro di essa con quella forza che eravamo stati in grado di raccogliere, poiché era nostro dovere resistere ad un nemico venuto per impadronirsi del nostro Paese. Ma appena apparve evidente che questi fosse deciso a sterminare la nostra popolazione col gas venefico, l’utilizzo del quale era proibito dalla legge internazionale, andammo ad appellarci alla Lega delle Nazioni per reclamare giustizia. Nel momento in cui si temette che questa ostilità iniziata dall’Italia potesse diffondersi in tutto il mondo, e quando giunse il periodo in cui tutti coloro che erano stati incaricati della responsabilità del governo cercarono di salvare il pianeta dalla catastrofe che si stava allora scatenando, questi iniziarono a lavorare per l’affermarsi della comprensione sul globo, al fine di evitare il diffondersi della conflagrazione. In quel tempo la nostra grande amica, la Gran Bretagna, ci ricevette con solidarietà. Rimasi lì a lavorare, pur essendo nello spirito costantemente assieme ai miei connazionali di cui si stava spargendo il sangue, inutilmente e crudelmente, per mano degli italiani: con le chiese e i monasteri dati alle fiamme; assieme a coloro che furono costretti a cercare rifugio presso le terre straniere; assieme ai sofferenti ed agli afflitti nei deserti, nelle grotte e nelle foreste della loro terra natia.

Danneggiati a migliaia

Quanti furono i giovani, le donne, i preti, i monaci disumanamente massacrati in questi anni? Voi sapete che soltanto ad Addis Ababa ne perirono molte migliaia durante i 3 giorni seguenti quello di San Michele, il 19 febbraio 1937. Il sangue e le ossa di coloro che vennero uccisi con picconi e vanghe, che vennero squarciati con asce e martellati sino alla morte, trafitti dalle baionette, bastonati e lapidati, di coloro che vennero bruciati vivi assieme ai propri figli nelle loro case, di coloro che morirono di fame e sete in prigione, piangevano per la giustizia. Tutti sanno che questi atti di barbarie e crudeltà non furono perpetrati esclusivamente ad Addis Ababa, ma in particolar modo nelle province dell’Etiopia. Difficilmente sarebbe possibile trovare qualcuno che non sia stato catturato e percosso, preso a calci, umiliato ed imprigionato.

Adesso passeremo alla nuova storia che ci è dinanzi. Cinque anni fa le forze fasciste entrarono nella nostra città capitale. Quindi Mussolini annunciò al mondo che egli aveva stabilito un Impero Romano nel nostro paese, l’Etiopia (Rivelazione 17,1-14). Egli credeva che la terra che aveva dichiarato d’aver conquistato sarebbe rimasta perennemente nelle sue mani. L’eroismo del popolo etiope è conosciuto nella storia. Ma esso non ebbe la possibilità di ottenere gli armamenti di cui necessitava, in mancanza di uno scalo attraverso il quale importarli. 52 Nazioni condannarono Mussolini per ciò che aveva commesso. Ma egli si gloriò della sua violenta opera senza curarsi dei loro giudizi. I passati cinque anni hanno costituito un periodo oscuro per te, popolo mio. Ma non hai mai smarrito la speranza, e poco per volta ti sei sparso tra le colline del nostro Paese. Il nemico mai osò avventurarsi presso le montagne nelle quali eravate poiché, sopportando ogni amarezza ed afflizione, voi, guerrieri d’Etiopia, nei passati cinque anni avete combattuto per la vostra libertà. Malgrado egli non potesse conquistare il paese, spese comunque molte migliaia di milioni di lire, dichiarando che stava civilizzando ciò che egli aveva potuto controllare. Egli non impiegò tutto quel denaro perchè intendeva migliorare la condizione dell’oppresso popolo etiope e mitigare l’ingiustizia che aveva commesso. Egli voleva fondare una colonia fascista nella nostra Sacra Terra d’Etiopia ed imporgli il regime dell’oppressione che aveva progettato. Cercò di sterminare la razza etiope, senza neppur prendere in considerazione l’idea di concedergli l’amministrazione di un mandato o di un protettorato, che in ogni caso sarebbe stato considerato come un pesante giogo per un popolo libero. Ma tutti i denari, contati per migliaia di milioni, e tutti gli armamenti preparati non raggiunsero mai il fine a cui Mussolini avrebbe voluto destinarli. Nel momento in cui l’Italia rivelò le sue intenzioni di entrare in guerra al fine di essere in grado di strappare alla Francia sconfitta quanto più essa potesse, il numero dei soldati, la quantità di soldi e di armi che essa aveva inviato in Etiopia era enorme. Le truppe regolari che aveva raccolto non erano inferiori alle 250.000 unità; e fino all’ultimo per molti anni ammassò provvigioni nell’eventualità che venisse circondata. Confidando nell’invincibilità della sua forza militare, e vantandosene, il governo fascista procedette all’instaurazione del regime totalitario nel nostro Paese. Ma accadde qualcosa che quel governo non aveva considerato. Lo spirito combattivo, essenziale nella guerra moderna, si rivelò in voi.

Avversari formidabili

Voi foste capaci di distruggere il nemico che vi era superiore in numero ed equipaggiamento, poiché siete un popolo in possesso di coraggio e misericordia, poiché avete cooperato, poiché conoscevate gli stratagemmi della guerra.

Le truppe britanniche, che stavano combattendo per i diritti umani su altri fronti, avevano bisogno di tempo per prepararsi a venire in aiuto dell’Etiopia e liberarla. Ma voi, guerrieri etiopi, infastidivate il nemico interrompendo le sue comunicazioni, tormentandolo e limitandolo alle sue fortificazioni. Nonostante il gran numero di soldati nel quale egli riponeva fiducia, si rese conto che gli Etiopi, dal primo all’ultimo, odiavano lui e il suo governo. Egli comprese inoltre che gli sarebbe stato impossibile vivere in una nazione di tal fatta ed in mezzo ad un popolo di tal genere. Anche con l’utilizzo del gas venefico e delle bombe, anche commettendo le sue atrocità, non potè più sperare nel godimento di una sovranità sul Paese, al suo interno ormai minato. Egli realizzò che i soldati che lo attorniavano erano avversari molto più potenti di quanto non fosse egli stesso. Sfruttò l’audacia e spese il denaro che gli erano rimasti per affrontare i suoi avversari. Dunque si guardò intorno, per vedere se vi fosse un posto in Etiopia nel quale trovare rifugio, ma senza successo.

Quando giunse il tempo, il nostro grande alleato, il governo britannico, si preparò a sferrare l’attacco dovuto contro il nostro nemico. Appena venni a conoscenza di ciò, partii dalla distante terra del Sudan, con noi confinante ad ovest, ed entrai nel Gojjam centrale. Qui il nostro nemico aveva vigorose posizioni fortificate, potenti truppe, aeroplani ed artiglieria. Confrontando il numero dei nostri uomini con quelli del nemico risultò che avevamo un soldato per venti dei loro. Oltre a ciò, non possedevamo artiglieria o aerei di cui poter disporre a volontà. Il fatto che io mi trovassi fra i miei guerrieri subito attrasse molte migliaia di uomini. E la paura e l’ansia del nostro avversario accrebbe notevolmente. Mentre i miei soldati infastidivano e tagliavano le comunicazioni del nemico e dopo aver condotto le sue milizie aldilà dell’Abbai (Nilo Azzurro), lo inseguirono verso lo Shoa ed il Begamder. Udii dunque la buona notizia che le truppe britanniche imperiali avevano, con incomparabile rapidità, occupato la nostra capitale e che stavano spingendo verso il Dessie, a Nord, e verso lo Jimma, a Sud. Allo stesso modo le forze partite dal Sudan distrussero la fortezza di Keren con sorprendente forza e sconfissero totalmente il nemico. Ed appena giunto il tempo del mio ritorno nella capitale, ordinai ai miei soldati di spargersi in ogni direzione alla ricerca dei nemici, ed oggi mi trovo qui. Sono incredibilmente lieto di essere stato in grado di arrivare in questo luogo alla testa del mio esercito, di aver sconfitto i nemici incontrati sul sentiero e d’aver spezzato il potere del nostro comune avversario. Sono profondamente grato a Dio Onnipotente d’essere oggi fra di voi, nel mio Palazzo, dal quale il governo fascista è fuggito.

Un giorno nuovo

Popolo del mio paese, Etiopia!

Questo è il giorno in cui l’Etiopia sta tendendo le sue mani al Signore (Salmo 68,32) nella gioia e nella riconoscenza, rivelando la sua felicità ai suoi figli.

Questo giorno, nel quale il popolo etiope è libero dall’oppressivo giogo straniero e dalla servitù eterna, e nel quale ho la possibilità di ricongiungermi alla mia gente, che amo e che ho desiderato ardentemente, verrà onorato come una festa e commemorato annualmente come un Grande Anniversario Nazionale. In questo giorno ricorderemo quei guerrieri eroici che, determinati a non abbandonare il grande incarico affidatogli dal loro Padre, si sacrificarono, versando il proprio sangue e spezzando le proprie ossa per la libertà e per la terra che essi amano, e per l’onore del loro Imperatore e della loro bandiera. La storia dell’Etiopia renderà testimonianza a questi nostri combattenti.

Le tribolazioni e le afflizioni, di cui abbiamo perso il conto e che non è possibile enumerare con esattezza, le quali ci hanno colpito durante i cinque passati anni, saranno di grande insegnamento per noi tutti; con la diligenza, l’unità, la cooperazione e l’amore impressi nel vostro cuore, saranno un grande stimolo per voi nell’aiutarmi negli affari dell’Etiopia che ho in mente. Nella nuova Etiopia desidero che siate un popolo indiviso e dotato di libertà ed uguaglianza dinanzi alla legge.

Dovete unirvi a me nei miei sforzi per la prosperità del Paese, per la ricchezza del popolo, per lo sviluppo dell’agricoltura, del commercio, dell’educazione e dell’apprendimento, per la tutela della vita e delle risorse della nostra gente, e per il perfezionamento, a moderne linee, dell’amministrazione della nazione.

E’ mio espresso desiderio e fine meditare la benedizione con cui Dio nella Sua misericordia ci ha visitato, innanzitutto mostrando gratitudine verso i nostri alleati, i Britannici, concedendo alle truppe imperiali di combattere il nemico comune su altri fronti, ed inviando in loro aiuto soldati, ovunque essi possono servire; in secondo luogo, lavorando per il beneficio del popolo del paese, stabilendo nella nostra Etiopia un governo che protegga la Fede e grazie al quale essa sia rispettata, e garantendo la libertà del popolo e la Libertà di coscienza.

Ciò che dovrei infine annunciarvi, popolo mio, è che questo è un giorno di gioia per noi tutti. Oggi è il giorno in cui abbiamo sconfitto il nostro nemico. Dunque, quando diciamo di voler noi tutti rallegrarci con i nostri cuori, non dobbiamo farlo in nessun altra maniera se non nello spirito di Cristo. Non ripagate il male col male (Romani 12,17). Non abbandonatevi alle atrocità che il nemico commise usualmente, sino all’ultimo istante.

Badate di non deturpare il buon nome dell’Etiopia attraverso atti degni del nostro avversario. Noi controlleremo che sia disarmato e lo invieremo per la stessa strada da cui è giunto. Dal momento che San Giorgio che uccise il dragone è il Santo Patrono del nostro esercito come di quello dei nostri alleati, uniamoci con loro in un eterna amicizia, in modo tale da essere capaci di fronteggiare il dragone crudele e senza Dio che si è nuovamente levato e che sta opprimendo l’umanità (Rivelazione 12,3 – 13,4; 16,13 – 14). Vi ordino di considerarli come fratelli ed amici, e di mostrargli benevolenza e considerazione.

Selected Speeches of H.I.M. Haile Selassie I“, pagg. 332-339

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