Sulla percezione del popolo Etiopico rispetto alla ricorrenza del “Giorno dei Martiri”
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Il 19 di Febbraio, del 1937, è divenuta una data contrassegnata dalle lettere in rosso nel calendario dell’Etiopia moderna per una serie di eventi che hanno messo in risalto il prezzo della libertà; un decorso che ha messo in rilievo il beneficio del governo della legge e del suo opposto; un decorso che ha mostrato a che livello di degrado l’uomo può sprofondare, quando una nazione ha perduto il suo governo e la sua gente è lasciata in preda del dominio del conquistatore. Questa giornata trova annualmente il popolo etiope in un triste stato d’animo nella riflessione dell’immemorabile male che la gente Etiopica ha dovuto subire dal maresciallo Graziani, durante il periodo dell’instabile invasione degli occupanti della terra di Piankeh, Tewodros, Yohannes, Menelik e Hayle Selassie.
Questo è un giorno di lutto nella vita di quel regno africano. La cappa di tristezza che avvolge la capitale, gli altri centri, le case e le Chiese nelle quali si tengono speciali Servizi (liturgici) è vivamente avvertita (anche) dagli ospiti di quel Paese. È un giorno di (offerte) di corone, di commemorazione intorno al monumento eretto sul vero luogo del massacro, un giorno riservato ad onorare quegli eroi che sono stati torturati e, peggio ancor, assassinati a sangue freddo, in seguito alla rappresaglia per l’attentato di due patrioti alla vita di Graziani i quali, fremendo sotto il calcagno del conquistatore, hanno cercato di rivendicare il diritto dei loro simili al godimento di un umano, essenziale e naturale diritto.
Il 19 Febbraio, decretato come Giornata Nazionale di lutto, la bandiera Etiopica è tenuta a mezz’asta e, come ricorrenza pubblica, tutti gli uffici e le altre attività restano chiuse. La principale caratteristica del giorno consiste nella deposizione di corone di fiori al Monumento dei Martiri, un discorso da parte del Primo Ministro ed un’ora di elogio nella Cattedrale della Trinità, che è il mausoleo nel quale le ossa di molti uomini, donne e fanciulli massacrati sono sepolti. È un giorno segnato nel calendario Etiopico sia per il lutto che per la riflessione. L’Ethiopian Herald in una di queste occasioni ha avuto come editoriale:
“Oggi i nostri pensieri e i nostri sentimenti ritornano a quella giornata esattamente di dieci anni fa, a quel giorno fatale, quando migliaia di nostri fratelli furono condotti alla morte ed anche ai maltrattamenti (perpetrati) dal nemico. Oggi questa nazione piange sul feretro di coloro che hanno pagato con la loro vita per la sfrenatezza di un regime e che verrà ricordato a lungo per l’infamia. Oggi ricordiamo la vergogna che l’Italia ha portato alla civiltà, per la quale uomini come Cavour, Mazzini e altri suoi stessi cittadini, hanno fatto tanto, per costruirla e incrementarla. Oggi noi evochiamo il ricordo dell’audacia e del coraggio con il quale il popolo di questo reame si oppose, anche con il martirio, al male che si era stabilito su questa terra dei nostri padri dal 1935 al 1941.
“Mentre in quel 19 Febbraio 1937, Graziani, con la macchina bellica di morte e distruzione, uccideva gli Etiopi come fossero animali, egli poco comprendeva che così facendo rendeva Santa questa terra, così profondamente intrisa del sangue dei suoi figli. Egli poco sospettava che nell’eventuale trionfo della giustizia, lui e il potere del suo governo sarebbero stati abbattuti e che la libertà e l’indipendenza di questa terra, che egli voleva sprofondare in una specie di morte per distruzione, avrebbe alla fine trionfato. Egli poco immaginava che tali atti orribili avrebbero incrementato il fervore e rinforzato la volontà della gente Etiopica di spodestare questa tirannia e di liberare la loro amabile terra dal tiranno straniero.
“Passiamo ora ad un breve frammento della campagna italiana contro l’Etiopia, che comprende un periodo di oltre mezzo secolo. Ogni mezzo di penetrazione violento è stato usato: la nostra relazione amichevole è stata dapprima corteggiata e poi abusata per mezzo di spionaggi e della propaganda avversa; l’imperialismo economico che era stato implementato era fallito; le nostre frontiere sono state occupate con la forza e in seguito usate come basi per le aggressioni nei nostri confronti; è stata ottenuta dalle altre potenze europee una forma di arrendevolezza che aiutò (l’Italia) nel disegno di conquista. L’Italia che era stata sconfitta ad Adwa, si era ritirata al di là di queste frontiere per preparare ciò che lei riteneva lo scontro finale; ha sfidato il mondo e ha attaccato l’Etiopia nel 1935, conquistando la capitale attraverso metodi illegittimi come l’uso dell’iprite, aveva pensato che il suo successo di espansioni si fosse così compiuto; a suo discapito ha (invece) trovato che lo spirito di Adwa era ancora acceso, ed il massacro di Graziani è stato il risultato della sua disperazione. Tutte le macchinazioni italiane hanno costituito la continua sfida per il governo e la popolazione etiope per mantenere la propria libertà e indipendenza. Non abbiamo mai ammainato la bandiera. Con forza indomita e un entusiasmo fanatico e la sua grande fede in Dio, l’Etiopia a sostenuto le molte prove e vicissitudini mantenendo lo sguardo fissato sul proprio destino. E così la storia di una nazione è stata forgiata nella fucina della devozione e scritta nel sangue dei suoi figli.
“Il massacro di Graziani si colloca tra i crimini del secolo. È stato stabilito dagli Alleati e dalle Potenze Associate che tali uomini pubblici che hanno usato il proprio ruolo politico per commettere atti disumani contro il genere umano avrebbero subìto la condanna per i loro crimini. Sotto gli ordini di questi individui, migliaia di uomini etiopi vennero fucilati a sangue freddo senza pietà o processi. Colpa o innocenza, che sono le pietre angolari della legalità, erano assenti, su tutti gli etiopi si sarebbe sparato a vista.
“A tal proposito, abbiamo letto fra le notizie riportate questa settimana che Albert Kesselring è stato messo di fronte al Tribunale Militare Britannico a Venezia, per rispondere delle barbare rappresaglie contro i civili italiani. Il crimine di questo feld-marshall tedesco è descritto come segue dal Pubblico Ministero: ‘dopo lo scoppio di una bomba in una strada romana, che ha ucciso 38 membri della polizia tedesca, furono trucidati 335 italiani. Gli italiani avevano un età compresa tra i quattordici e i settanta anni, vennero portati alle Fosse Ardeatine vicino Roma e sparati alla nuca con le mani legate dietro le loro schiene’.
“(La citazione precedente, ndt) è necessaria per fare un utile raffronto di cos’è accaduto il 19 Febbraio 1937. Numerosi etiopi sono convenuti al Palazzo (Ghebì Imperiale, ndt) dove Graziani li aveva invitati, inclusi mutilati, zoppi e ciechi i quali era stati chiamati a ricevere l’elemosina dalle mani di questo assassino.
“La cerimonia consisteva principalmente nel vanto fascista di quel progresso che il dominio italiano avrebbe portato all’Etiopia. Durante l’evento due bombe sono state lanciate dal balcone (del Palazzo). Naturalmente vi è stato il panico, Graziani è stato ferito lievemente e ogni italiano in possesso di armi, e ve ne erano molti dato che questa era un’occupazione militare, ha iniziato a sparare sulla massa sbalordita (degli etiopi presenti, ndt). In pochi minuti vi erano più di mille morti solo sul selciato antistante il Palazzo. Queste uccisioni indiscriminate si sono estese per tutta la città dietro l’ordine di Graziani di sparare a vista su ogni Etiope. Molte sono state le armi usate: granate a mano, esplosive e incendiarie, fucili, pistole e armi automatiche, come anche mitragliatrici e pugnali. Per giorni sono andati avanti senza controllo incendi dolosi saccheggi e devastazioni in cui diverse migliaia di innocenti uomini, donne e bambini hanno perso la vita. Sarebbe troppo chiedere quando e dove Graziani comparirà per rispondere di questi crimini contro l’umanità? O la giustizia è a doppia faccia e ha timore di parlare a causa del tempo, del luogo, delle circostanze? Tutto ciò che è qui appropriato, è dire con le parole del nostro Augusto Sovrano ‘Dio e la storia si ricorderanno del vostro giudizio’.
“Ci rallegriamo nel sapere che oggi ci troviamo di nuovo sotto al nostro albero di fichi e sotto la nostra vite, e che la nostra libertà ed indipendenza è stata ristabilita; che i cari di coloro che sono caduti durante questi massacri e le altre vittime cadute altrove, hanno potuto vedere che la potenza del nazismo e del fascismo è stata rovesciata, sia nella loro patria che nel mondo; che queste esperienze stimolano gli uomini a prevenire il ripetersi della bestiale orgia che è stata scatenata contro la santità di innocenti uomini, donne e bambini.
“La nostra gioia è comunque bagnata dalle lacrime quando ricordiamo il modo disumano con il quale il terrore fascista ha decimato la nostra popolazione, ha bruciato i nostri cuori e le nostre case, ha saccheggiato i nostri luoghi religiosi e sacri e i santuari, ha irrorato con gas velenosi i civili indifesi, impiccato i nostri patrioti, e con la sua inimmaginabile brutalità, ha cercato di distruggere il nostro spirito e di cambiare la nostra aspettativa dalla libertà alla schiavitù.
“Così oggi è sentito come un giorno di lutto nazionale. Al Monumento dei Martiri, eretto in memoria dei caduti per ordine di Graziani nella Piazza del 12 Yekatit (19 Febbraio), vengono poste corone di fiori per onorarli. Anno dopo anno dovremmo ricordare gli avvenimenti che hanno portato ad erigere questo monumento. E così per generazioni ricorderemo questo episodio – questa vergogna!”
Estratto da “Contemporary Ethiopia” di David Abner Talbot; capitolo “Ethiopia’s Red Letter Days” 1952.